domenica 26 giugno 2011

Frammenti di un altro me

Il mio trasloco non è ancora definitivamente concluso. La mia stanza, a casa dei miei genitori, conteneva tante di quelle cose che trasferirle tutte nella mia abitazione è un'impresa.
Se devo essere sincero, sono un po' deluso da me stesso: anche in questo la mia natura di ossessivo compulsivo a tratti mi ha perseguitato.
Da quando casa mia è arredata, ho trasferito i miei libri, i miei fumetti ed una parte, non trascurabile, dei miei vestiti, ma inizialmente l'obiettivo era di traslocare tutti i miei averi in quattro mesi ed io, a sette mesi di distanza, non l'ho raggiunto. Dopo un mese e mezzo sembrava un'impresa assolutamente fattibile, ma poi l'ossessione è fuggita, ed i tempi si sono dilatati.
L'obiettivo dei quattro mesi era un desiderio di riaffermare la mia differenza rispetto a mio fratello, che a quattro anni dal suo matrimonio aveva ancora delle cose a casa dei nostri genitori, e per quanto non sia felice del mio mancato successo, conservo l'intento di farcela in molto meno tempo di lui.

Questa sera, però, sistemando alcune delle cose che ho portato in casa, ho voltato pagina su un mio passato remoto.
Di certe cose non riesco a liberarmi, come quel "Non siamo gemelli: abbiamo un anno, un mese, un giorno, tredici ore e cinque minuti di differenza!" che è il ritornello, che mi sono scritto da bambino, per rispondere a quelle signore che, guardando me e mio fratello, chiedevano se eravamo gemelli.
Altre, che risalgono a pochi anni dopo, le ho salutate questa sera.

Tra le cose più importanti e recenti che avevo da smistare ed ordinare, c'erano fotopie ed appunti dei tempi dell'università... ho deciso di liberarmene, ma al contempo ho deciso di acquistare e rileggere alcuni dei libri che avevo incrociato sul mio cammino di studi.
Molto più datate, tra le cose della mia infanzia, ho ritrovato pagine di vecchi diari: un primo tentantivo risalente a quasi ventuno anni fa, ed uno di quattro o cinque anni dopo.
Nel primo caso, si trattava di pagine scritte come fossero lettere rivolte ad un amico lontano, un amico che aveva anche un nome (Johnny 5... quanto tempo è trascorso dal giorno in cui decisi quel nome!) mentre, qualche anno dopo, si era trattato di un vero e proprio diario.
Poche pagine per volta scritte a mano, discontinue, incostanti come sempre sono state le cose di questo genere che ho fatto. Eppure in quelle pagine c'erano i sentimenti ed i pensieri di un altro me stesso, di uno talmente remoto che neppure so se mi riconoscerebbe per la sua versione più anziana se mai mi incontrasse.
C'erano sentimenti confessati e respinti da amori giovanili, e c'erano sentimenti - seppur lontani - più recenti e legati a persone a cui ancora, anche se in un modo molto diverso, voglio bene.
Ho deciso di non conservare quegli scritti; mentre lo decidevo una parte di me voleva ribellarsi, eppure ho deciso di farlo.
Forse tra qualche anno continuerò a dirmi di essere stato uno stupido impulsivo prendendo quella decisione, che avevo rimandato di volta in volta per oltre quindici anni, ma ho agito come sempre, quando si tratta di cose che mi suscitano forti sentimenti: ho seguito un impulso e - poco dopo - me ne sono pentito, ma quando l'azione irreparabile era già stata compiuta.
A posteriori, mi sono detto di aver fatto male a rinunciare alle prove tantigibili di quel remoto passato, ma una parte di me ha analizzato la cosa, e se n'è uscita con una soluzione: il tempo passerà ancora, e quegli scritti lasciati su una mensola per tanti anni, saranno un evento tanto remoto da essere pressocchè dimenticato, ma sono esistiti e mi hanno consentito di definirmi per come sono; anche se scordati, anche se ad anni di distanza, essi avranno contribuito a fare di me la persona bizzarra che so di essere, quindi, anche se non sono più fisicamente con me, restano una parte di me e del mio passato.

1 commento:

la Volpe ha detto...

azz... io avrei tenuto tutto :)