martedì 22 luglio 2008

Io non sono padano

Che simpatica canaglia quel mattacchione dell'Umbertino nazionale.
Lui è lì, con la sua camiciola verdognola ed è più forte di lui: come a scuola in gita, quando si fa la foto di gruppo, la sua mano si muove da sè non appena parte quella buffa musichetta.
E quando tutte le maestre lo sgridano, non trova niente di meglio da dire che a lui quella canzonaccia non piace: lui preferisce "La canzone del Piave".

"La canzone del Piave"

Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: "Non passa lo straniero!"

Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
poiché il nemico irruppe a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i suoi ponti.
S'udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l'onde.
Come un singhiozzo in quell'autunno nero
il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero!"

E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame
voleva sfogar tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
No, disse il Piave, no, dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l'onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: "Indietro va', straniero!"

Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l'ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l'italico valore
le forche e le armi del'impiccatore!
Sicure l'Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul patrio suol vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri!

Ermete Giovanni Gaeta (1918)


Intendiamoci, bella è bella, patriottica è patriottica e sicuramente è molto meglio del "Va, pensiero", il Coro del Nabucco che gli allegri compagni della camicia verde hanno adottato come Inno Padano.
Non sarebbe neanche una brutta cosa l'idea che all'Umbertino piaccia perchè vorrebbe dire che, oltre alla moglie, c'è qualcos'altro che gli piace proveniente dal meridione d'Italia (Gaeta era di Napoli... Impensabile vero?), e gli eventi di cui parla sono un mirabile esempio di unità nazionale (ok, imposta dalle decisioni di uno governo centralista che decise la nostra entrata in guerra, ma pur sempre unità... al che mi domando perchè piace all'Umbertino...), ma, per quanto mi riguarda, qui finiscono i pro.

Sinceramente, quel gruppuscolo da due soldi con camiciole verdi mi ha già ingiustamente turlupinato della parola "Padano", e la cosa mi da noia (tra l'altro, sono già almeno sei anni che sono sprofondato in questo incubo linguistico... è più o meno tanto disgustosa, come situazione, come quella che si formò con la nascita di Forza Italia e l'inevitabile abolizione del più spontaneo incitamento per la nazionale...), e mi da ancora più noia il fatto che non rispettino i simboli della mia (e, che gli piaccia o no, loro) nazione.

Il tricolore è un simbolo e l'Inno di Mameli non è da meno!
Potrà essere una canzonetta da due soldi, potrà essere melodicamente poco strutturata e dal testo troppo retorico (certo, perchè la Canzone del Piave non è affatto retorica, come no...), ma è l'inno d'Italia.
E' un inno provvisorio istituito con le norme attuative e transitorie della Costituzione? D'accordo, è provvisorio da sessant'anni... Non dico che sia per forza uno di quei casi in cui la prassi può diventare norma, ma ci siamo parecchio vicini... E comunque, finchè una norma non stabilirà diveramente, è e resta il "Canto degli italiani" l'inno nazionale.

All'Umbertino può dare noia, non mi interessa, lui può anche considerarsi padano e non italiano, per quanto mi riguarda, ma se gli da tanta noia questa nostra disgraziata Italia con Roma capitale (e che diamine, ROMA, mica Abbiategrasso!!!) può anche prendere ed andarsene su una piattaforma petrolifera al largo ed autoproclamarlo stato.
E per cortesia, la prossima volta che i padani decidono di giocare a calcio, potrebbero almeno avere la decenza di non andare a giocare al mondiale delle nazioni non riconosciute?

La Padania non è una nazione, non è mai, ma proprio mai, stata un'entità politica unitaria nè confederata e non è mai stata autonoma ed autodeterminata.

Le loro casaccucce da calcio, quindi, possono anche usarle per lucidarci i vetri, per quanto mi riguarda.

Di padano, in italia, ci sono solo due cose: il Grana e la Valle.
Entrambe le cose si estendono in più di una regione e se ne fregano del federalismo: loro sono così, e basta.
La Lega non è padana (anche perchè, vedendo la cartina che hanno stabilito per i loro confini virtuali, dovrebbero andare a fare una chiacchieratina con i bolzanini: loro si ritengono austriaci, al più, non certo padani...), non lo è Umberto da Pontida e, soprattutto, non lo sono io (che sono nato al centro di quella loro assurda cartina...)!

Io sono modenese, emiliano, emiliano-romagnolo e italiano...

E se qualcuno vuole fare la Padania, faccia la cortesia di farla all'inferno!

lunedì 21 luglio 2008

Filosofia con le pallottole e la posta degli sconosciuti

Sabato sono andato al cinema a Genova, con Fhede ed un altro paio di amici, e sono andato a vedere un film che, nonostante diverse persone me ne avessero parlato maluccio, mi ha impressionato positivamente: Wanted.
Sia chiaro, non stiamo parlando di Bergman o di Fellini: stiamo parlando di un action movie americano, liberamente tratto da un fumetto, dal budget piuttosto alto e che di credibile e verosimile ha ben poco. Da quello che ho capito leggiucchiando qua e là, financo il tasso di fedeltà al fumetto è bassino (anche se ormai non mi aspetto più la fedeltà alla fonte originale, parlando di certi film), ma non è poi così male.

A dire la verità, probabilmente, il crescendo d'azione che porta al finale mi ha ben disposto verso quella che, ad occhio e croce, potrebbe essere la cosa che mi ha caricato di più: le battute finali.
Le riporto dalla lingua originale (riprendendole dalle "memorable quotes" per come appaiono sull'Internet Movie DataBase)

Wesley: [narrates] This *is* me taking control; from Sloan, from the Fraternity, from Janis, billing reports, ergonomic keyboards, from cheating girlfriends and sack of shit best friends. This is me taking back control of my life.
[Speaks to camera]
Wesley: What the fuck have you done lately?


Era quasi l'una di notte, quando è finito il film, e nonostante questo ero carico e ben sveglio, cosa sempre meno frequente in questo periodo, tanto che ero lì che, commentando il film, sono arrivato a definirlo, "filosofia con le pallottole che girano".
Godibile, leggero con un paio di domande da potersi fare ogni tanto, non troppo impegnato, alla prima occhiata, ma non vuoto, se uno vuole soffermarsi un attimo sulle implicazioni che certi punti della storia comportano.
Ci si può fermare a guardare in faccia il protagonista e chiedersi davvero che cosa si è fatto nelle ultime sei settimane (il periodo coperto dalla narrazione del film) o si può fermarsi un attimo a porsi quella domanda, sul concetto di bene e male, che sta dietro il discorso che il personaggio di Angelina Jolie chiude con la frase

Fox: Kill one, maybe save a thousand.

Non sarà un trattato di filosofia nè un filmone da Oscar, ma alla fine non è male, almeno per come la vedo io.

A farmi riflettere su quello che sto facendo ultimamente, ci si è messa anche una cosa di ordinaria amministrazione capitata oggi in ufficio.
Nei primissimi giorni dopo la mia assunzione, principalmente perchè avevo ancora un'operatività limitata, sono finito a fare un lavoro abbastanza particolare: gestire la posta rientrata.

Capita abbastanza di frequente che una lettera da noi inviata ad un cliente ci torni indietro perchè la posta sostiene che il destinatario è irreperibile, si è trasferito o l'indirizzo è sbagliato; quando questo genere di messaggio di riento arriva, c'è da cercare di scoprire un indirizzo valido per il cliente, un po' per riprovare a spedirgli il messaggio, ma soprattutto per evitare che l'inconveniente si ripeta in futuro.
E' un lavoro semplice, che quindi anche uno che ha appena cominciato può fare, ma da quella prima lettera rispedita, al termine di una ricerca di qualche minuto, l'incarico è diventato mio, per consuetudine, a tutti gli effetti.

La cosa più strana è l'effetto che fa, ogni tanto, notare che mentre altri colleghi (soprattutto quelli del legale, della contabilità o del controllo interno) ricevono buste contenenti messaggi indirizzati, più o meno, a loro (o, quantomeno, alla loro funzione...) io sono tra i pochi altri a ricevere posta, ma si tratta di posta non mia: io ricevo la posta smarrita.
Tecnicamente, è posta indirizzata alla mia funzione, ma è la posta che non ha trovato un padrone... una posta... "a metà": partita e mai arrivata, costretta a tornare, a volte, per l'assurdo comportamento di una persona che non avvisa quando cambia indirizzo o di un'altra che non si sbatte più del minimo indispensabile per far arrivare a buon fine i messaggi che ha in carico.

E' strano come una semplice busta, che avevi chiuso tu stesso qualche settimana prima, possa apparire tanto diversa se riporta su una semplice scrittina... una singola parola: "Sconosciuto".

venerdì 4 luglio 2008

Gare d'appalto sul fonte occidentale

Altre settimane sono passate ed il bollettino di guerra riporta ancora funeste notizie. E' inevitabile, temo, ma rimane sempre la speranza che un'improvviso ravvedimento del nemico porti ad un subitaneo, quanto improbabile, cessate il fuoco.
La Battaglia di Bologna e Saragozza è conclusa e, purtroppo, nuovi caduti vanno ad ingrossare le fila delle vittime della cieca furia nemica. Questa volta, a capitolare, sono stati gli alleati, ragionevoli quanto incredibilmente generosi, che stavano subendo l'ultimo assalto. Per questo oggi piango la definitiva resa che vede il buon senso alzare, tristemente, la sua bandiera bianca contro l'implacabile determinazione dei paladini.
Eppure, in questo scenario di devastazione, tra le rovine lasciate dal passaggio dei cavalieri in bianco mantello del nemico, un fiore sopravvive e cresce, ostinatamente e contro ogni previsione. Quel fiore non ha un nome, nè un colore preciso, è semplicemente il fiore dell'ironia.

La vita sa sempre essere ironica e prendersi le sue rivincite.
La vita, o il destino se si preferisce, ha sempre un boomerang da legare all'arma che stai per scagliare, un boomerang di quelli che viaggiano lenti e lontano e che ti tornano indietro quando meno te l'aspetti, portandosi ancora dietro l'arma che avevi lanciato in origine.
E' così che, dopo la Battaglia di Bologna e Saragozza, mi sono ritrovato in piedi su un campo di battaglia devastato, dopo una carica di cavalleria che, ne ero certo (ma non solo io), era destinata a travolgermi.

La tecnica d'assalto, che a quanto pare ha addirittura assunto l'altisonante titolo di Lodo, ha colpito uno dei miei alleati ed uno dei loro (che ormai, personalmente, sospetto non faccia più parte della schiera nemica, anche se non si può mai dire, con certe persone e certe situazioni...), ma ha risparmiato quello che doveva essere il suo bersaglio designato.
Rimanere in circolazione, sempre pronto a continuare ad operare nonostante il risentimento che questo genera nei miei avversari, lascia perplessi oltre che lasciare alimentata una flebile speranza (probabilmente, anche peggio che vana) sul domani, che potrebbe anche diventare un giorno di nuova pace e ragionevolezza... se anche solo per un momento sperassi ancora nel lieto fine, cosa che personalmente faccio ancora, anche se contro ogni logica razionale.
Sono sopravvissuto, quindi, allo scontro, ma le probabilità che riesca a mantenere il timone di quella nave affidatami ormai diversi anni orsono, con soddisfazione mia e di chi vi si è imbarcato nel tempo (la SS Kobayashi Maru...), sono sempre più ridotte, anche se, in pieno conflitto, i miei nemici hanno dimostrato di avere una niente affatto imprevista caratteristica: sono tendenzialmente paranoici e non si fidano nemmeno dei loro alleati.

E' grazie a questa caratteristica, infatti, che uno dei miei più fieri nemici si ritrova impossibilitato a prendere direttamente quel timone cui, in questo momento ed in maniera assolutamente inopinata, ambisce.
Oddio, a dire il vero, qualcuno mi aveva già accennato a questa eventualità, ed io lo avevo bollato come estremamente fantasioso. Devo invece prendere atto del fatto che, probabilmente, quel mio amico che ho cercato di convincere dell'infondatezza dei suoi sospetti aveva visto più lungo di me.
In realtà, c'è ancora la possibilità che le sue ipotesi sulle motivazioni di questo avversario si rivelino infondate, ma potrebbe anche rivelarsi completamente nel giusto.

Rimane che, tra una cosa e l'altra, qualcuno vuole togliermi quel timone e, quello stesso qualcuno, si trova costretto a presentare un piano di lavoro che verrà vagliato e che potrebbe anche, potenzialmente, essere bocciato o, peggio ancora (anche se sarebbe solamente l'ennesima conferma del fatto che la vita ha un grande senso dell'umorismo), potrebbe essere scartato a favore di un progetto terzo.
Già perchè, attaccando me nella maniera che hanno scelto di utilizzare, i miei avversari hanno creato un precedente che ha spinto i "supervisori" a decidere di tenere un vigile occhio fisso su tutti i sottoposti, i miei nemici compresi. Se a tutto questo si somma la scarsa fiducia, cui si accennava pocanzi, che spinge a questo atteggiamento preoccupato anche il leader nemico che sta tra i "supervisori" e che avrebbe dovuto essere, potenzialmente, il "santo in paradiso" attivo per liberarsi di me...

Vabbeh, vada come vada, ancora una volta la situazione si rivela, seppur molto triste (specialmente se si pensa che certi attacchi, come quelli più recenti contro le "vittime a sorpresa", sono veri e propri assalti suicidi), non priva di una certa ironia: pensare che, in pieno conflitto, una parte dei miei avversari abbia deciso di impelagarsi in un illogico ricorso alle "gare d'appalto" per soppiantarmi, quando un'altra parte di loro avrebbe voluto semplicemente disfarsi di me, è estremamente divertente.
C'è poi solo un'altra cosa che trovo più divertente: colui che punta ad ottenere l'appalto teme che io cerchi di boicottare la sua navigazione.

Sinceramente, potrei anche pensare a varare una seconda nave da lanciare in una gara testa-a-testa con la sua, ma non è necessariamente una mia priorità: il mio primo istinto sarebbe quello di imbarcarmi come passeggero nel suo viaggio, per vedere che panorami mostrerà ai suoi utenti al fine di imparare qualche cosa di nuovo o per criticare, eventualmente, a ragion veduta.
E' estremamente spassoso (o infinitamente triste, o anche incommensurabilmente istruttivo... dipende dai punti di vista) il fatto che mi temano (e non è la prima volta che lo fanno) quando io non ho alcun intento "aggressivo". A mio avviso non fa altro che dimostrare che, a ruoli invertiti, loro non si farebbero scrupoli ad agire in quel modo, quindi credono fermamente che io non sia da meno.
Chiaramente, non hanno compreso nulla del mio modo di agire e di pensare... ma questa non è una sorpresa: tutta questa storia non avrebbe alcun motivo di esistere se il discreto tarlo del dubbio, di quando in quando, suggerisse loro che forse non sono così malvagio come loro hanno deciso.

giovedì 3 luglio 2008

L'umorismo delle segreterie telefoniche

Oggi, per motivi di lavoro, ho dovuto chiamare l'helpdesk di una delle società prodotto che trattiamo.
Lavorando nel settore finanziario, in un ufficio in cui ti occupi di verificare che gli ordini dei clienti vadano a buon fine e che i report che servono contengano tutte le informazioni necessarie, può capitare di doversi imbattere in una segreteria o in un risponditore automatico.
Solitamente, le musichette di attesa sono quelle classiche che hanno un po' tutte le ditte: "The enterteiner" (il tema principale della colonna sonora del film "La stangata", adattamento di Marvin Hamlisch della partitura originale di Scott Joplin) o l'"Inno alla gioia" di Beethoven, ma può capitare che ci si imbatta in una ditta con molto senso dell'umorismo.
E' così che oggi mi sono dovuto sorbire (che poi poteva andarmi peggio se il brano fosse stato diverso), per qualcosa come più di un quarto d'ora in due rate, una canzone degli ABBA: "Money, money, money".
Decisamente ironica, come scelta, da parte di una ditta che opera nel settore finanziario producendo fondi di investimento.

Il problema è che ho scoperto una cosa che già sapevo: gli ABBA producevano canzoni "infestanti", per cui ho quell'allegro e dannato ritornello che mi si è inchiodato in testa e non se ne andrà finchè non sarò riuscito a scacciarlo in qualche modo...
La cosa che più mi terrorizza è che sarà maledettamente dura scacciarlo: oggi non sono riuscito a parlare con nessun operatore (nonostante le lunghissime attese musicali) e domani mi toccherà riprovare a chiamarli... ed anche lunedì, se non mi rispondono... ed anche martedì, se non mi rispondono... ed anche mercoledì, se non mi rispondono... and so on...

"Money, money, money"

I work all night, I work all day, to pay the bills I have to pay
Ain't it sad
And still there never seems to be a single penny left for me
That's too bad
In my dreams I have a plan
If I got me a wealthy man
I wouldn't have to work at all, I'd fool around and have a ball

Money, money, money
Must be funny
In the rich man's world
Money, money, money
Always sunny
In the rich man's world
Aha-ahaaa
All the things I could do
If I had a little money
It's a rich man's world

A man like that is hard to find but I can't get him off my mind
Ain't it sad
And if he happens to be free I bet he wouldn't fancy me
That's too bad
So I must leave, I'll have to go
To Las Vegas or Monaco
And win a fortune in a game, my life will never be the same

Money, money, money
Must be funny
In the rich man's world
Money, money, money
Always sunny
In the rich man's world
Aha-ahaaa
All the things I could do
If I had a little money
It's a rich man's world

Money, money, money
Must be funny
In the rich man's world
Money, money, money
Always sunny
In the rich man's world
Aha-ahaaa
All the things I could do
If I had a little money
It's a rich man's world

It's a rich man's world

ABBA - Arrival (1976)

mercoledì 2 luglio 2008

Una canzone inchiodata in testa

E' un paio di giorni che ho una certa canzione in testa eppure non riesco a ricordarmi per intero il testo.
Capita, in fin dei conti, penso più o meno a tutti: si comincia perchè se ne sente un frammento alla radio e poi ci si ritrova a canticchiarla, davvero o solo nella propria testa, ogni volta che non si sta pensando qualcosa... ed a volte anche mentre si sta pensando qualcosa.
La cosa peggiore è che c'è sempre quel verso o due, quella strofa intera, che proprio non ne vuole sapere di tornare fuori, di farsi viva e ripresentarsi a quella memoria che continuamente cerca di rievocarla.
Inevitabilmente, arriva il momento in cui, pur di liberarsi dall'assillante tormentone, si va su Google e si cerca il testo completo.

Io oggi, forse, mi sono liberato di quello di questo paio di giorni...

"Che coss'è l'amor"

Che cos'è l'amor
chiedilo al vento
che sferza il suo lamento sulla ghiaia
del viale del tramonto
all' amaca gelata
che ha perso il suo gazebo
guaire alla stagione andata all'ombra
del lampione san soucì.

Che cos'è l'amor
chiedilo alla porta
alla guardarobiera nera
e al suo romanzo rosa
che sfoglia senza posa
al saluto riverente
del peruviano dondolante
che china il capo al lustro
della settima Polàr.

Ahi, permette signorina
sono il re della cantina
volteggio tutto crocco
sotto i lumi
dell'arco di San Rocco
ma s'appoggi pure volentieri
fino all'alba livida di bruma
che ci asciuga e ci consuma.

Che cos'è l'amor
è un sasso nella scarpa
che punge il passo lento di bolero
con l'amazzone straniera
stringere per finta
un'estranea cavaliera
è il rito di ogni sera
perso al caldo del pois di san soucì.

Che cos'è l'amor
è la Ramona che entra in campo
e come una vaiassa a colpo grosso
te la muove e te la squassa
ha i tacchi alti e il culo basso
la panza nuda e si dimena
scuote la testa da invasata
col consesso
dell'amica sua fidata.

Ahi, permette signorina
sono il re della cantina
vampiro nella vigna
sottrattor nella cucina
son monarca e son boemio
se questa è la miseria
mi ci tuffo
con dignità da rey.

Che cos'è l'amor
è un indirizzo sul comò
di un posto d'oltremare
che è lontano
solo prima d'arrivare
partita sei partita
e mi trovo ricacciato
mio malgrado
nel girone antico
qui dannato
tra gli inferi dei bar.

Che cos'è l'amor
è quello che rimane
da spartirsi e litigarsi nel setaccio
della penultima ora
qualche Estèr da Ravarino
mi permetto di salvare
al suo destino
dalla roulotte ghiacciata
degli immigrati accesi
della banda san soucì.

Ahi, permette signorina
sono il re della cantina
vampiro nella vigna
sottrattor nella cucina
son monarca son boemio
se questa è la miseria
mi ci tuffo
con dignità da rey.
Ahi, permette signorina
sono il re della cantina
volteggio tutto crocco
sotto i lumi dell'arco di San Rocco
son monarca son boemio
se questa è la miseria
mi ci tuffo
con dignità da rey.

Vinicio Capossela - L'indispensabile (2003)