giovedì 2 febbraio 2012

Del lavoro

Si parla della riforma del mercato del lavoro e, dopo un'intervista televisiva al Presidente del Consiglio Mario Monti, sembra che il professore, il salvatore della patria, il castigatore delle lobby, sia diventato (dopo già essere stato, dispregiativamente, il "banchiere") l'"anticristo"...

Sinceramente, io ho ascoltato le versioni integrali dei passaggi incriminati e non capisco la furia.
"I giovani devono abituarsi all'idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita; del resto, diciamo la verità, che monotonia un posto fisso per tutta la vita! E' più bello cambiare e accettare nuove sfide, purché siano in condizioni accettabili e questo vuol dire che bisogna tutelare un po' meno chi oggi è ipertutelato e tutelare un po' di più chi oggi è quasi schiavo nel mercato del lavoro o non riesce a entrarci" - Mario Monti

"Nella riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali la finalità è... direi che la finalità principale è quella proprio di ridurre la terribile apartheid - chiamiamo le cose col loro nome - che esiste nel mercato del lavoro tra chi per caso è già dentro - per caso o per età è già dentro - e chi, giovane, fa una terribile fatica a entrare o, se entra, entra in condizione precaria. Noi vogliamo ridurre il divario tra questi due tipi di tutela." - Mario Monti

Intendiamoci, io valuto le carte, non le indiscrezioni di stampa, quindi non è detto che il progetto del Governo alla fine mi piaccia, ma per ora trovo più interessante quello che gli ho sentito dire di prima mano piuttosto che quello che altri dicono che il Governo abbia detto... notizie di seconda mano di cui mi fido sempre poco...

Ad ogni modo, io faccio l'analista e programmatore per una ditta della provincia di Bolzano. Per motivi di lavoro faccio circa 600 km la settimana in auto (perchè arrivare in ufficio con mezzi pubblici richiederebbe almeno cinque ore di viaggio contro le tre che ci metto guidando) e passo fuori casa tre giorni e due notti (solitamente la terza notte rientro, ma spesso molto tardi).
Anche se il mio contratto è a tempo indeterminato, ed anche se il mio lavoro è per sua natura estremamente variegato e poco monotono (essendo un lavoro "creativo" difficilmente ci sono due giorni uno uguale all'altro), non sono affatto convinto che questo sarà il mio "posto fisso" per tutta la vita: prima o poi avrò una famiglia vera e potrei fare fatica a conciliare la cosa con l'assenza continua per motivi di lavoro... e poi ci potrebbero essere mille altri motivi per cambiare (a partire dal fatto che, statisticamente, più è "specializzato" e di "alto profilo professionale" il lavoratore più è "mobile").
Inoltre, date le dimensioni dell'azienda dove lavoro, con ogni probabilità, l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (il sacro totem dei sindacati che, però, vale solo per le aziende sopra certe dimensioni, di fatto applicandosi ad una percentuale compresa tra il 46 ed il 65 percento del totale dei lavoratori italiani, a seconda di chi fa i conti) lo vedo con il binocolo (come quel restante 64/35 percento di lavoratori italiani).

Facciamo che Monti ha ragione e sarebbe meglio livellare di più le cose?
Facciamo che, visto che i lavoratori "stabili" sono mediamente più vecchi di quelli più "instabili", accettano l'idea di fare qualche sacrificio per dare più tutele ai loro figli?
Per tanti (quanti poi? chi ha ragione davvero tra quelli che "danno i numeri"?) lavoratori rischia di essere un rinunciare a qualcosa ma per altri - non pochi e soprattutto mediamente più giovani - sarà un guadagnarci qualcosa.
Dai, vediamo di non rompere e diamo più tutele a chi ne ha poche o non ne ha affatto... altrimenti i lavoratori stabili rischiano di diventare la prossima "lobby" ostinatamente attaccata ai suoi privilegi.

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